2012/01/30 - Luigi Tenco 45 anni dopo: dubbi, fatti e perizie

Sin dai primi attimi dalla tragica morte di Luigi Tenco sono emersi forti dubbi sulla versione del suicidio. Troppe cose non quadrarono all’epoca e ancor di più non tornano i riscontri a distanza di 45 anni. La discussa presenza dell’ex marito di Dalida dietro le quinte del teatro del Casinò Municipale e nel corridoio d’albergo dove alloggiava Luigi. La rimozione ed il successivo riposizionamene del cadavere per i rilievi scientifici. L’assenza di indagini da parte della magistratura di Sanremo. Le pressioni della dirigenza Rai e dell’organizzazione del Festival per chiudere quanto prima la questione. I litigi tra Tenco e Dalide e forse qualcun altro. La minaccia di Luigi Tenco di indire una conferenza stampa per denunciare le combines sulle canzoni. Il silenzio dei testimoni oculari e, non ultime, le recenti perizie piuttosto discusse per le tecniche con le quali sono state effettuate.

 

I commenti a caldo degli amici di Luigi hanno quasi tutti un unico significato: “Luigi non era il tipo da scrivere cose del genere. Non si aspettava minimamente di vincere quindi come può aver scritto una cosa così assurda? (…) Perché il magistrato non ritenne opportuno trattenere almeno 24 ore "come testimoni importanti" coloro che scoprirono il cadavere? Dalida per esempio fu lasciata tranquillamente partire un ora dopo. La magistratura forse ha voluto chiudere il caso un po' troppo in fretta. (…) Luigi non avrebbe mai fatto una cosa del genere” (Sandro Ciotti); “Uccidersi per una canzone? Non scherziamo” (Piero Vivarelli); “Intendeva già ritirarsi dalle scene musicali” (Marisa Solinas); “Tenco avrebbe contratto un debito con i Marsigliesi ma non ci credo molto (…) era troppo intelligente per un’azione del genere” (Marisa Solinas ai Carabinieri); I divi sono esseri viventi e non prodotti da lanciare sul mercato e da gettare via quando i gusti dei consumatori reclamano una nuova etichetta. Così avviene nel mondo dello spettacolo e soprattutto oggi in quello dell'industria discografica che va forte, a giri di miliardi..." (Salvatore Quasimodo); “Non so se Tenco avesse sospetti in proposito. So che quando, anni dopo, io andai a Sanremo per conto del ‘Secolo’, scrissi più volte che tutto era deciso in anticipo. Nessuno mi querelò e nessun magistrato mi mandò mai a chiamare” (Giuliano Cristalli); “E’ una copertura quella che ora vogliono stendere. Vogliono creare l’immagine dell’idolo che non sopporta il fracasso e si ammazza. La verità è un’altra. Credo che la verità di questa morte ingiusta la conosca solo Dio e quella donna che non seppe quanto Luigi era innamorato di lei” (Canal Tv Magazine – Argentina – Febbraio 1967);

I fatti e le dichiarazioni che si susseguono nel corso degli anni: il 29 gennaio 1967 il perito del Tribunale di Genova dichiara “autentica e scritta a mano da Luigi Tenco la lettera di addio; (…) la lettera appare però incompleta come se gli mancassero dei fogli precedenti.”; il 27 febbraio del 1967 Dalida tenta il suicidio nell’Hotel Princes de Galles di Parigi dove aveva alloggiato in precedenza con Luigi; ad aprile del 1967 un’interrogazione parlamentare “chiede l’abolizione del Festival di Sanremo o, perlomeno, di fare in modo che, in considerazione del fatto che solamente le case discografiche sono interessate alla manifestazione per evidenti scopi reclamistici, debbano esse sopportare le spese (…)”; a giugno del 1967 Dalida diventa zia di un maschietto che chiede venga chiamato Luigi, Luigi Gigliotti; a fine giugno del 1967, allo scadere esatto dei 6 mesi di indagini previsti per legge, La Procura della Repubblica di Genova decreta l’archiviazione del caso per morte suicida; l’11 settembre del 1970 Lucien Morisse, l’ex marito di Dalida, muore suicida a Parigi con un colpo di una pistola Walter Ppk (stesso modello di pistola di Luigi Tenco); a gennaio del 1977 Valentino Tenco dichiara che i suoi dubbi  sul suicidio del fratello sono in realtà dubbi sull’omicidio; nel 1985 muore suicida il convivente di Dalida; a gennaio del 1987 Dalida dichiara “(…) Perfino esageratamente onesto. E rigido di principi. L’abbiamo perso anche per questo. Luigi ha pagato più del dovuto le proprie innegabili virtù (…); ad aprile del 1987, in un’intervista telefonica nel programma televisivo ‘Telefono Giallo’, Valentino Tenco conoscendo bene la lavorazione dei metalli dichiara che la pistola del fratello non mostra i segni di un’arma che ha sparato qualche colpo; il 1 maggio del 1987 Dalida dichiara ”se dovessi dire che cosa sia il sentimento (le bonheur) non lo so ma per ciò che mi concerne credo che sia la fine del mio interiore e credo che io sia arrivata, non del tutto ma quasi sono alla fine…”; il 3 maggio 1987 Dalida si toglie la vita; il 30 agosto del 1991 Valentino Tenco riceve una lettera che gli fornisce le indicazioni per conoscere la fidanzata segreta di Luigi; il 25 gennaio del 1992 Valentino Tenco e la fidanzata segreta, conosciuta con il nome fittizio di Valeria, concedono la pubblicazione di tre lettere su circa trenta tra lei e Luigi; a febbraio del 1994 la rivista ‘Oggi’ pubblica le inedite foto del cadaver di Luigi all’interno della stanza 219 dell’Hotel Savoy rimettendo in discussione, con clamore, tutta la vicenda del 1967; il 16 febbraio del 1994 Donatella Turri, co-interprete principale insieme a Luigi Tenco nel film ‘La cuccagna’ dichiara “Luigi era pessimista, ma non si sarebbe mai suicidato. Lui amava combattere... contro tutto”; a novembre del 1997 muore Valentino Tenco, un cavaliere alla ricerca di una verità mai trovata; il 5 febbraio del 2004 Paolo Dossena dichiara “Non ho mai creduto al suicidio (...). E poi a lui di quella canzone (‘Ciao Amore Ciao’) non gliene importava granché. Sapeva perfettamente che non era una delle migliori nel suo repertorio. (…) Andammo al bar del Casino e Luigi ordinò un wisky. Io non n volevo che bevesse, gli dissi di piantarla e presi il bicchiere cominciando a bere. Lui mi guardò dritto negli occhi e mi disse ‘Sei un amico che si mette tra me e il bicchiere. Ma sei così amico da metterti sulla traiettoria di una pallottola che parte da una pistola che mi spara?’”; Araguzzini, noto organizzatore del Festival di Sanremo, dichiara durante un pranzo di lavoro con un avvocato che ‘qualcuno aspettava Luigi al suo rientro in camera’; il 27 settembre del 2009 Arrigo Molinari viene trovato assassinato in casa sua con diverse coltellate (l’assassino è tornato in libertà dopo due anni circa); dicembre del 2005 la Procura della Repubblica di Genova riapre il caso e con il benestare della famiglia Tenco dispone la riesumazione della salma di Luigi per ritrovare il colpo nel corpo stesso oltre che per sciogliere ogni altro dubbio sul suicidio, affidando inizialmente le perizie al RIS di Parma (Carabinieri) e che poi vengono invece affidate all’ERT di Roma (Polizia); il 14 dicembre del 2005 il sincero e fraterno amico Gianfranco Riverberi dichiara E' vergognoso. Ogni volta che si avvicina Sanremo, si torna a disturbare Luigi. E' l'ora di smetterla di cercare pubblicità sulla sua pelle. Sono nauseato”; all’alba del freddo 15 febbraio del 2006 viene riesumata la salma di Luigi Tenco per l’autopsia e ancora in pieno svolgimento delle operazioni peritali una funzionaria della Polizia Scientifica (fuori dalle sue competenze) esce dalla sala per diffondere la notizia (prontamente divulgata dalle agenzie stampa) che si tratta di suicidio… senza però ritrovare quanto cercavano e cioè il proiettile; il 17 febbraio del 2006 la famiglia Tenco, già segnata dall’intera vicenda, dichiara “L’inchiesta su Luigi Tenco è stata aperta in maniera forzata, ora la si vuole chiudere in maniera frettolosa”; il 19 febbraio del 2006 la Procura della Repubblica di Genova dispone le indagini per recuperare il bossolo rinvenuto nel 1967 nella stanza 219 e venduto ad un’asta pubblica nel 1968; il 10 marzo del 2006 viene ritrovato il bossolo che viene consegnato spontaneamente dall’ex proprietario del night club ‘Il Pipistrello’ (uno dei locali in voga della Riviera negli anni ’60); il 28 marzo del 2006 la Procura della Repubblica di Genova anticipa i risultati pervenuti dall’ERT dichiarando “Il bossolo ritrovato dalla polizia è compatibile con l'arma del suicidio”; il 2 agosto del 2006 la Procura della Repubblica di Genova convoca una conferenza stampa per dichiarare “Il caso è chiuso (…). Non vi è nessun dubbio che si sia trattato di suicidio”, lasciando però aperto il procedimento per altri tre anni circa; a gennaio del 2007 il giornalista Giorgio Carozzi pubblica il libro 'Luigi Tenco - e ora che avrei mille cose da dire'; l’8 maggio del 2007 il giornalista-scrittore Carlo Lucarelli mette in scena uno spettacolo teatrale, ‘Tenco a tempo di tango’, che ipotizza una pista che vede coinvolti i servizi segreti italiani in Argentina proprio nell’anno in cui, il 1965, Luigi Tenco vi si recò (mentre era in servizio di leva) per partecipare all’ultima puntata della soap-opera che aveva reso celebre la sua canzone ‘Ho capito che ti amo’; il 5 aprile del 2008 il gruppo internet ‘La Verde Isola’, dedicato a Luigi Tenco, pubblica la teoria di cinque prove che dimostrerebbero l’omicidio di Tenco avvenuto all’esterno dell’Hotel Savoy; l’8 aprile del 2008 il gruppo ‘La Verde Isola’ pubblica un’immagine che mostra delle ferite lacero-contuse sul volto del cadavere di Tenco; il 9 gennaio del 2009 la Procura della Repubblica di Genova chiude formalmente il procedimento sulla morte di Tenco; ad aprile del 2010 lo scrittore Aldo fegatelli Colonna, insieme al criminologo Prof. Francesco Bruno, contesta la perizia dell’ERT rivelando che la perizia ‘guanto di paraffina’ (esame teso a reperire tracce delle componenti della polvere da sparo) risulta negativo sulla mano destra di Tenco indicata dalla Procura come quella che ha sparato il colpo di pistola; infine, ma non è e non sarà l’ultima novità, il 25 ottobre del 2011 lo scrittore Pasquale Ragone presenta a Roma un libro con cui dichiara, tramite un’accreditata analisi scientifica sulle perizie dell’ERT, che la perizia balistica richiesta dalla procura della Repubblica di Genova sul bossolo è priva di ogni fondamento scientifico e legale.

Alla fine della lettura di tutti questi scempi che balzano agli occhi e che restano impressi nella mente di una persona normale, la considerazione spontanea che emerge è che sicuramente qualcuno ha sottratto dal luogo del crimine tutti gli elementi utili all’accertamento immediato della verità, tanto più se trattavasi semplicemente (dal comodo punto di vista dell’entourage di Sanremo del 1967) di un suicidio. Ma soprattutto, nella testa di chi scrive e alla luce di quanto verificato, riesce difficile comprendere come mai non si sia voluta accertare l’affermazione di Dalida che, uscendo dalla stanza 219, urlava “Assassini. Assassini. L’avete ucciso!” oppure l’affermazione postuma (del 1° marzo 2004 in diretta televisiva a ‘Domenica In’ condotta da Paolo Bonolis) di Arrigo Molinari (il Commissario divenuto nel frattempo Questore nonostante la sua appartenenza alla P2 e poi andato in pensione per svolgere l’attività di avvocato intentando delle cause contro la Bankitalia e la BCE per aggiotaggio) con la quale dichiarava “L’abbiamo ucciso noi (poi interrotto e corretto da Bonolis) l’abbiamo ucciso con il meccanismo del Festival (nuovamente interrotto e corretto) a Sanremo come al Festival di Venezia si fanno le scommesse (altra interruzione e correzione di Bonolis). I giocatori di Venezia sono gli stessi di Sanremo (…). A Sanremo i giochi venivano fatti prima. Non so perché lo avessero fatto partecipare, forse per farlo perdere (…).

Tra le tante notizie lette su questa triste vicenda una è rimasta particolarmente impressa e se ne riporta un breve stralcio in quanto da il senso dell’ambiente educativo in cui è cresciuto Luigi: “MIO FIGLIO E’ ANCORA VIVO GRAZIE AL RICORDO DI CHI LO HA AMATO. HO SOPPORTATO UNA PROVA TERRIBILE, ME NE RENDO CONTO. MA ORMAI MI SONO FATTA UNA RAGIONE DI TUTTO QUANTO E’ ACCADUTO. ATTORNO A ME SI STRINGONO OGNI GIORNO MOLTISSIME PERSONE, QUASI TUTTE SCONOSCIUTE, CHE MI SONO DI AIUTO A CONTINUARE SERENAMENTE QUESTA MIA VITA. MI FANNO SENTIRE LUIGI ANCORA QUI, AL MIO FIANCO, COME SE NULLA FOSSE SUCCESSO”.

La mamma Teresa (Teletutto, febbraio 1973)

(di Michele Piacentini)